lunedì 23 febbraio 2009

il metano si fa con la CO2

tratto dalla Newsletter di GALLILEO:
Messo a punto un nuovo sistema in grado di convertire anidride carbonica e vapore acqueo in idrocarburi con la luce solare. Con un'efficienza 20 volte maggiore rispetto a quelli attuali
E se una soluzione ai problemi energetici arrivasse proprio dalla CO2? Niente di cui stupirsi: la molecola più nota per la sua influenza sul clima del pianeta potrebbe rivelarsi una preziosa fonte di energia, grazie alle nanotecnologie.
Nano Letters pubblica lo studio di Craig Grimes, della Pennsylvania State University, che ha guidato il suo gruppo nella realizzazione di un dispositivo in grado di convertire una miscela di CO2 e vapore acqueo in idrocarburi del tutto analoghi a quelli presenti nel metano e in altri gas naturali. La possibilità era già nota, ma il nuovo sistema riesce a sfruttare per la prima volta la luce solare - e non la sola radiazione ultravioletta - e mostra efficienze di conversione venti volte superiori a quelle raggiunte in precedenza.
Per ottenere questi risultati, i ricercatori hanno utilizzato nanoparticelle di diossido di titanio, che agiscono da catalizzatori e promuovono la conversione di anidride carbonica in metano e in altri composti organici. In particolare è stato costruito un materiale composto da nanotubi di diossido di titanio, lunghi circa 40 micrometri (milionesimi di metro) e larghi 135 nanometri (miliardesimi di metro). Esposto alla luce solare, la sua ampia superficie di contatto - su cui avviene la reazione - ha permesso di ottenere 160 microlitri di idrocarburi l'ora per grammo di nanotubi, a partire da vapore acqueo e anidride carbonica.
La messa a punto di dispositivi di questo genere apre la strada a nuovi metodi per sottrarre dall'atmosfera il principale responsabile dell'effetto serra, convertendolo peraltro in carburante di pronto utilizzo. Nonostante l'efficienza ottenuta sia molto elevata rispetto a quella di dispositivi precedenti, pensare a qualsiasi applicazione commerciale è, per ammissione stessa di Grimes, ancora prematuro: “Avviare ora una produzione sulla base del nostro prototipo condurrebbe al fallimento”. I prossimi passi per lo sviluppo di questa tecnologia sono però già chiari: “Stiamo lavorando per uniformare la risposta catalitica dei nanotubi, utilizzando nanoparticelle di rame. Questo dovrebbe aumentare di due ordini di grandezza la resa della conversione”.

martedì 3 febbraio 2009

tra Jacobson e le veterinarie di paese...


È la prima analisi quantitativa condotta sulle fonti alternative ai combustibili fossili, attraverso la valutazione di una serie di criteri, che comprendono:

le emissioni in atmosfera,

la sicurezza energetica

gli impatti sulla salute umana, sugli ecosistemi e sulle risorse idriche.
Il modello di analisi adottato da Jacobson si è basato sul ricorso a ciascuna fonte considerata per alimentare il fabbisogno energetico degli autoveicoli circolanti negli Stati Uniti, ipotizzando un parco macchine interamente elettrico.
Al primo posto della graduatoria così stilata, risulta l'eolico, seguito dal solare a concentrazione, dalla geotermia, dalle maree, dal solare fotovoltaico, dall'energia dalle onde e dall'idroelettrico.
Chiudono, invece, la classifica il nucleare, il carbone a tecnologia CCS, l'etanolo da granturco e l'etanolo da cellulosa dell'erba.
Queste ultime fonti energetiche necessitano, infatti, di superfici più ampie, provocando impatti maggiori al territorio ed alla fauna e causano un maggiore inquinamento atmosferico.
Il nucleare presenta problemi di sicurezza energetica ed ha bisogno di tempi lunghi per la realizzazione delle centrali.
La conclusione di Jacobson?
"La filosofia per la quale dobbiamo tentare un po' di tutto è sbagliata. Occorre invece concentrarsi sulle tecnologie che producono i maggiori benefici. E noi sappiamo quali sono. A cominciare dall'eolico"

qui di seguito riportiamo per intero l'articolo di jacobson:


Review of solutions to global warming, air pollution, and energy security
Mark Z. Jacobson

This paper reviews and ranks major proposed energy-related solutions to global warming, air pollution mortality, and energy security while considering other impacts of the proposed solutions, such as on water supply, land use, wildlife, resource availability, thermal pollution, water chemical pollution, nuclear proliferation, and undernutrition. Nine electric power sources and two liquid fuel options are considered. The electricity sources include solar-photovoltaics (PV), concentrated solar power (CSP), wind, geothermal, hydroelectric, wave, tidal, nuclear, and coal with carbon capture and storage (CCS) technology. The liquid fuel options include corn-ethanol (E85) and cellulosic-E85. To place the electric and liquid fuel sources on an equal footing, we examine their comparative abilities to address the problems mentioned by powering new-technology vehicles, including battery-electric vehicles (BEVs), hydrogen fuel cell vehicles (HFCVs), and flex-fuel vehicles run on E85. Twelve combinations of energy source-vehicle type are considered. Upon ranking and weighting each combination with respect to each of 11 impact categories, four clear divisions of ranking, or tiers, emerge. Tier 1 (highest-ranked) includes wind-BEVs and wind-HFCVs. Tier 2 includes CSP-BEVs, geothermal-BEVs, PV-BEVs, tidal-BEVs, and wave-BEVs. Tier 3 includes hydro-BEVs, nuclear-BEVs, and CCS-BEVs. Tier 4 includes corn- and cellulosic-E85. Wind-BEVs ranked first in seven out of 11 categories, including the two most important, mortality and climate damage reduction. Although HFCVs are much less efficient than BEVs, wind-HFCVs are still very clean and were ranked second among all combinations. Tier 2 options provide significant benefits and are recommended. Tier 3 options are less desirable. However, hydroelectricity, which was ranked ahead of coal-CCS and nuclear with respect to climate and health, is an excellent load balancer, thus recommended. The Tier 4 combinations (cellulosic- and corn-E85) were ranked lowest overall and with respect to climate, air pollution, land use, wildlife damage, and chemical waste. Cellulosic-E85 ranked lower than corn-E85 overall, primarily due to its potentially larger land footprint based on new data and its higher upstream air pollution emissions than corn-E85. Whereas cellulosic-E85 may cause the greatest average human mortality, nuclear-BEVs cause the greatest upper-limit mortality risk due to the expansion of plutonium separation and uranium enrichment in nuclear energy facilities worldwide. Wind-BEVs and CSP-BEVs cause the least mortality. The footprint area of wind-BEVs is 2–6 orders of magnitude less than that of any other option. Because of their low footprint and pollution, wind-BEVs cause the least wildlife loss. The largest consumer of water is corn-E85. The smallest are wind-, tidal-, and wave-BEVs. The US could theoretically replace all 2007 onroad vehicles with BEVs powered by 73000–144000 5 MW wind turbines, less than the 300000 airplanes the US produced during World War II, reducing US CO2 by 32.5–32.7% and nearly eliminating 15000/yr vehicle-related air pollution deaths in 2020. In sum, use of wind, CSP, geothermal, tidal, PV, wave, and hydro to provide electricity for BEVs and HFCVs and, by extension, electricity for the residential, industrial, and commercial sectors, will result in the most benefit among the options considered. The combination of these technologies should be advanced as a solution to global warming, air pollution, and energy security. Coal-CCS and nuclear offer less benefit thus represent an opportunity cost loss, and the biofuel options provide no certain benefit and the greatest negative impacts


il problema è che l'america ha jacobson e obama e ce la farà...l'abruzzo invece per le scelte ambientali si affida ancora oggi (Chiodi non ancora rinnova la composizione del comitato VIA e non ci è dato sapere se lo farà a breve..) a veterinarie di paese con kefiah e borse di tolfa minimaliste, magari che si aggirano in regione con aria da sessantottarde e scarpe da Trekking indossate in città, nominate dai vari caporali e caramanici che hanno allignato in regione negli ultimi sciagurati anni delturcheschi del petrolio e nefandezze sanitarie-giudiziarie, premiati per questo loro "splendido" modo di pensare con la rielezione in consiglio regionale...Roba che neanche in Burundi..
La questione non è stata mai veramente tecnica ma solo e solamente politica. E' più che chiaro in che direzione gira il mondo, ma bisogna avere le palle di rimuovere questi ostacoli. Quale obiettività può avere nel valutare le cose che dice jacobson a partire dall'eolico una persona che è promotrice di associazioni contro gli impianti a fonte rinnovabile e contemporaneamente poi stare nelle sedi dove, con somma neutralità, bisognerebbe decidere della loro sorte?
che cazzo di regione è questa quà dove una turbogas viene autorizzata in dodici mesi, un centro oli ottiene tutti i pareri favorevoli in estrema sordina e 5 ( diconsi cinque ) pale eoliche a San Giovanni Lipioni abbisognano di 5 ( diconsi cinque ) anni di istruttoria e pene?

giovedì 29 gennaio 2009

dicono di comabattere il petrolio.....

una "perla" sbugiarda sempre di più l'associazione fondata dal nazista principe consorte d'Olanda:.


Energia eolica, il Wwf contrario al piano energetico regionale
Liguria.
Con il nuovo piano energetico regionale, che prevede l’installazione di 140 nuove pale eoliche, ad avere vantaggi saranno solo le aziende installatrici, mentre i cittadini pagheranno bollette più care. Ad affermarlo è il Wwf, che critica l’inziativa sia sul piano ambientale che su quello economico.
Secondo l’associazione ambientalista, infatti, sarebbero previsti “gli incentivi pubblici più alti d’Europa. Paga il contribuente ed inizia ad incassare la società installatrice, che rivende alle ditte costruttrici, obbligate a comprare i ‘certificati verdi’ per ripulire in percentuale i propri peccati di inquinatore, l’autorizzazione ottenuta”.
Inoltre, sostiene ancora il Wwf, l’elettricità generata dagli impianti eolici verrebbe pagata più del normale: “Oltre al normale prezzo per l’energia è riconosciuta una sovvenzione che va sotto il nome di certificato verde. Tali oneri aggiuntivi vengono ribaltati sul prezzo dell’ elettricità pagato in bolletta: il prezzo finale pagato da ciascun cliente prevede componenti tariffarie a copertura di costi di generazione, cioé costi di produzione e dispacciamento dell’energia elettrica, compresi gli oneri derivanti dall’applicazione della normativa sui certificati verdi”.


ma il vero allarme è questo....

Domenica 1° febbraio 2009 a Lanciano alle ore 16:00 presso il CSV (in Via Ortona, località Olmo di Riccio) si costituirà il Comitato WWF “Zona Frentana e Costa Teatina” che andrà a sostituire la Sezione Provinciale di Chieti.
Durante l’Assemblea Costitutiva si provvederà a leggere lo Statuto del Comitato, raccogliere le adesioni di tutti i soci costitutori ed eleggere il Consiglio di Comitato (costituito da un Presidente e da almeno 3 Consiglieri).
Il nuovo territorio di azione sarà ricompreso all’interno di 22 comuni: Atessa, Casoli, Castelfrentano, Fossacesia, Frisa, Lanciano, Mozzagrogna, Ortona, Paglieta, Pollutri, Rocca San Giovanni, Scerni, San Vito Chietino, Sant’Eusanio del Sangro, Santa Maria Imbaro, Treglio, Tollo, Torino di Sangro, Casalbordino, Villalfonsina, Vasto, San Salvo.
Inoltre, il Comitato avrà per il momento due sedi operative: una a Lanciano ed una a Ortona
(presso i CSV presenti che hanno accettato la domiciliazione dell’Associazione)


Dio ci salvi, non è di questi che abbiamo ora bisogno. Invito le pochissime persone che leggono questo blog a disertare e a boicottare (legalmente) qualsiasi iniziativa come questa. Non capisco a chi possa giovare la costituzione di un nuovo "comitato". L'arcano si scioglierà appena vedremo chi lo presiederà. Serve un "trampolino" per le provinciali, forse...

chiunque abbia a cuore il bene dell'abruzzo e degli abruzzesi deve far di tutto per tenere questa gente alla larga dalle giuste iniziative di protesta contro gli scempi ambientali nella nostra regione e nella provincia di chieti in particolare. Loro portano solo demagogia, qualunquismo d'accatto, opportunismo, superficialità, protestantismo manieristico anni '70, il tutto contornato da un ' inguaribile voglia di palazzo e di potere. So che questa è una battaglia persa, Per ora, ma proprio per questo vale la pena di combatterla...

mercoledì 14 gennaio 2009

le leggi di pecoraio e Jacopo Cascella

«Vento alla pace», un connubio tra energia e arte nel parco delle Apuane
Martini: «Serve coraggio, il cambiamento energetico è tema obbligato»
di Riccardo Mostardini
FIRENZE. Si chiama «Vento alla pace», e punta ad un «contatto tra cielo e terra, così come gli obelischi egiziani furono inventati per prendere energia dal cielo». Con questa opera si vuole «unire due forme di energia, quella comunemente intesa e quella artistica»: con queste dichiarazioni Jacopo Cascella,( origini abruzzesi N.d.E.) artista carrarese, ha presentato oggi a Firenze il suo progetto per installare un parco eolico monumentale in zone contigue di cava all’interno del parco regionale delle Alpi Apuane.Alla presentazione dell’opera, che potremmo considerare un ibrido tra un comune parco eolico e una forma evoluta di land art, sono intervenuti il presidente della regione Toscana Martini, i consiglieri Roggiolani (Verdi) e Magnolfi (Pdl), e il presidente del parco, Nardini. Tutti affermano di guardare con interesse all’iniziativa, a cominciare da Claudio Martini, che si dice «interessato a mettere insieme, o meglio ad alleare, la difesa della natura, lo sviluppo delle rinnovabili e le forme artistiche, tutte esigenze che spesso sono viste in contrapposizione (arte vs energia, parco vs attività umane, ecc.). La Toscana è da sempre un paesaggio umano, e trasformando il paesaggio noi non facciamo quindi niente di nuovo. Serve coraggio, occorre aprire un nuovo fronte culturale, anche riguardo al rapporto tra fotovoltaico e centri storici (ricordiamo che nelle scorse settimane furono proprio i Verdi Toscani a presentare due modelli di “tegole fotovoltaiche”, ndA): e, così come per l’eolico, non possiamo fermarci alla prima difficoltà, perchè il perseguimento del cambiamento energetico è tema obbligato, e non si può scansare». Uno dei modi per superare l’impasse è farlo «attraverso uno sforzo creativo e – perchè no – artistico: in questo modo credo che potremo perseguire il duplice obiettivo di tutelare il paesaggio e di cambiare il sistema energetico e produttivo».«I Verdi» – ha affermato Fabio Roggiolani – «perseguono da anni il progetto arte/energia, finalizzato a risolvere il problema paesaggistico. La legge quadro sui parchi 394/91 ha al suo interno una previsione esplicita della produzione di energia da fonti rinnovabili all’interno dei parchi. Negli anni successivi si è invece affermato un atteggiamento in cui si sono assimilate le energie rinnovabili alla cementificazione del territorio, creando il paradosso dell’incompatibilità delle rinnovabili con le aree protette». E le colpe su questo vanno attribuite in buona sostanza a quella «parte del mondo ecologista» che è caduta negli anni nella «contraddizione estrema di combattere le installazioni di energie rinnovabili, in particolare quelle eoliche, ma anche le fotovoltaiche». Vanno comunque evitati quei casi estremi in cui «il gigantismo di alcuni campi eolici» ha fatto sì che essi siano diventati, «più che un pezzo di paesaggio, l’intero paesaggio».Roggiolani ha anche citato la necessità di «costruire il futuro proprio nelle aree dove fiorisce il passato», come la Toscana dove finora invece l’affermazione delle rinnovabili è stata spesso contrastata da – talvolta eccessivi, come molte volte abbiamo sostenuto su greenreport – scrupoli in direzione della tutela del patrimonio monumentale e paesaggistico. Principio ripreso anche da Alberto Magnolfi, che esorta a «riappropriarsi del concetto per cui “arte” e “bello” sono elementi di conduzione verso il progresso, mentre con la contrapposizione si alimenta una concezione statica, negativa. Anche il ministro dei Beni culturali, Bondi, con cui ho parlato, è favorevole al progetto e darà il necessario supporto: questa può essere un’iniziativa-pilota, peraltro in un paesaggio così particolare come le Apuane». L’obiettivo, secondo Magnolfi, è trovare una via di compromesso tra la «volontà di sperimentare, e la paura per l’impatto dell’eolico», che finora ha costituito freno alla sua diffusione.Il luogo di collocazione dell’opera all’interno dell’area protetta è ancora da definire: sarà probabilmente installata nella zona di nord-ovest, vicino al monte Pisanino, e comunque su fronti montuosi che si affaccino direttamente sul mare, dove il vento è più favorevole. Ovviamente non saranno le parti di maggiore valore naturalistico a ospitare l’opera: il presidente Giuseppe Nardini ha citato «aree contigue di cava» come più probabile luogo di installazione. Questo anche perchè «le Apuane e l’arte sono legate storicamente dal marmo, e questa opera è la naturale prosecuzione dell’attività marmifera. Occorre andare oltre l’arte, e contemporaneamente evolvere il sistema energetico. Il progetto, il cui profilo riprende quello dei picchi circostanti, sarà a completo carico dei privati dal punto di vista economico. Come tempi, ci siamo dati 5 anni per completare l’opera: occorre ancora individuare il sito più adatto (anche per una centrale a cui restituire l’energia prodotta) e organizzare la viabilità».Citiamo inoltre il progetto che il ministro Bondi sta predisponendo per la creazione a Fivizzano (dove a inizio anni ‘90 lo stesso Bondi è stato sindaco nelle liste del Pci) di una “Accademia del paesaggio” dove sarà proprio l’evoluzione futura del territorio (e quindi anche e soprattutto l’inserimento in esso degli impianti per la produzione delle energie rinnovabili) a costituire principale elemento di ricerca. Inoltre, a primavera la delicata questione del connubio tra arte, paesaggio e ambiente sarà discussa in un convegno a Firenze.E in chiusura: gli scrupoli per la tutela del paesaggio (e dell’ambiente, inteso come biodiversità, wilderness, ecc.) hanno un senso sia che si parli di un’autostrada, sia che di un’acciaieria, sia anche di un parco eolico o fotovoltaico. E la Toscana sarebbe tra le prime realtà che avrebbe da perdere da una cattiva gestione della transizione verso un nuovo sistema energetico e produttivo. Ma gli impegni in direzione delle energie rinnovabili sono – come giustamente dice il presidente Martini - «obbligati»: come a dire che sì, occorrono i necessari compromessi, ma il percorso verso un sistema energetico diverso dovrà proseguire comunque, indipendentemente da quali compromessi – buoni o cattivi – andranno individuati.E l’arte (e in particolare, lo ripetiamo, questo tipo di arte, che affonda le sue radici in quella land art che è stata tra i primi punti di incontro tra espressione artistica, paesaggio e ambiente) è probabilmente, oltre che un elemento di arricchimento culturale, anche un ottimo viatico per superare quelle contrapposizioni di cui abbiamo parlato, che hanno costituito in questi ultimi anni un forte freno all’affermazione delle energie rinnovabili sul territorio toscano e non.Occorre naturalmente un approccio sobrio, attento e prudente, per non commettere errori irreparabili su quello che è il principale elemento di attrazione della Toscana, e cioè quell’equilibrio tra sviluppo infrastrutturale, paesaggio e ambiente che più che in altre realtà è riuscito a conservarsi: ma occorre anche – preso atto che viviamo in un paesaggio quasi completamente modificato dall’attività umana – avere il coraggio di intraprendere con più decisione la strada delle rinnovabili, anche affrontando quei casi in cui il problema paesaggistico derivante dalla loro messa in opera sussista davvero, e non sia solo l’eccesso di sindrome Nimby di alcuni residenti o di scrupolo professionale da parte di alcuni addetti ai lavori, come talvolta abbiamo osservato nell’operato di alcune soprintendenze ai beni architettonici o paesaggistici. E, siccome modificare un paesaggio «umano» crea molti meno problemi rispetto ad uno «naturale» (o che come tale è percepito), viene da chiederci: per realizzare un’installazione del genere, quale posto migliore delle Alpi Apuane?

ma che meraviglia, che bella idea, Energia rinnovabile in un parco NAZIONALE, mi viene da pnsare alla "REGIONE DEI PARCHI"...però scusate....e la legge sulle ZPS di Pecoraro??? bah...
come al solito, solo propaganda. SONO SICURO CHE NON SE NE FARA' NIENTE, figuratevi.
Lo scopo è solo andare sui giornali. Come sempre.

martedì 13 gennaio 2009

Parola di Stella, Autore de "LA CASTA"


Stella è un gran simpatico, uno degl' ultimi italiani capaci di indignarsi....



Bocciano i progetti e stiamo al gelo
Il no ai rigassificatori


Quale sia il problema è sotto gli occhi di tutti. Soprattutto in questi giorni di gelo polare e incandescenti polemiche sulla forniture di gas russo. Un problema comune a tutta l'Europa, ma per noi assai più grave. Primo, perché consumiamo tanta energia quanto Turchia, Romania, Polonia e Austria messe insieme. Secondo, perché dopo aver abbandonato il nucleare senza imboccare sul serio le strade alternative (i termo-valorizzatori no perché «sono cancro-valorizzatori», l'eolico no perché le pale sono brutte, il geotermico no perché provoca «disastri ambientali », i pannelli solari no perché «rovinano i panorami dei tetti delle nostre belle città»...) ci ritroviamo a dipendere per l'88%, direttamente o indirettamente, dall'estero. Nessun Paese occidentale dipende dal gas quanto noi: nessuno. Basterebbe un guasto o una capricciosa chiusura «politica» dei rubinetti ai tre gasdotti oggi in funzione per un totale di 81,7 miliardi di metri cubi l'anno e resteremmo al gelo, con le fabbriche bloccate, i trasporti pubblici paralizzati. Unica alternativa: importare da altri Paesi gas stoccato allo stato liquido su grandi navi (quando è così occupa infinitamente meno spazio) per poi riportare il metano allo stato gassoso, appunto, nei rigassificatori. Eppure, nonostante il quadro riassunto, abbiamo un solo impianto, a Panigaglia, nel golfo di La Spezia. Contro i quattro della Corea, i sei della Spagna, i cinque degli Usa, i 24 del Giappone. In compenso, siamo pieni zeppi di progetti per un'altra quindicina. Per uno ormai ci siamo: la piattaforma già citata alla foce del Po. Costruita in Spagna e trascinata mesi fa da enormi chiatte da Algeciras fino alle acque di Porto Tolle, potrà rigassificare in tempi brevi 8 miliardi di metri cubi di gas l'anno: un decimo del fabbisogno italiano.
Che poi, oltre al governatore Giancarlo Galan, si vantino di averlo voluto e finanziato sia i governi di destra sia i governi di sinistra importa poco. Anzi: è un bene che entrambi gli schieramenti rivendichino per una volta la scelta. Dalle altre parti, infatti, le cose vanno diversamente. E ciò che sembra sensato, col consenso dello stesso leader locale dei Verdi Gianfranco Bettin, a venti miglia da piazza San Marco, appare mostruoso e criminale agli ayatollah ecologisti toscani, che si battono da anni contro il «bombolone» di Livorno, approvato da Palazzo Chigi, dalla Regione e dai comuni, come difendessero il Santo Sepolcro dalle orde del feroce Saladino. Sentiamo già le lagne: «I soliti ambientalisti nemici del progresso!». Magari, fosse solo quello il nodo. Non è così. Basti citare la posizione «laica» di Ermete Realacci: «Come diceva Diderot "non basta fare il bene, bisogna anche farlo bene". Ma niente preclusioni: è solo questione di buonsenso». Tanto che Legambiente, in una nota, ha invocato martedì contro il nucleare proprio gli impianti invisi: «Secondo uno studio del Cesi ricerche anche costruendo 4 mega centrali Epr di terza generazione evoluta, da 1600MWciascuna, risparmieremmo appena 9 miliardi di metri cubi di gas all' anno, il contributo di un solo rigassificatore di media taglia». La verità è che, al di là delle legittime pretese di avere garanzie sulla massima sicurezza e delle giuste richieste di conoscere ogni progetto nei dettagli, mai come nel caso dei rigassificatori gioca l'effetto «nimby»: «not in my backyard», non nel mio cortile. Lo dimostra il caso spezzino, dove la decisione di raddoppiare la potenzialità dell'impianto di Panigaglia (nonostante l'impegno preso anni fa di sgombrare l'area per restituirla al turismo entro il 2013) vede fratture e mal di pancia non solo dentro la sinistra che governa il comune e la Regione, ma anche dentro la destra, nonostante il ligure Claudio Scajola, parlando in generale e non del Golfo dei Poeti, sia stato netto: «In attesa del nucleare si procederà speditamente coi rigassificatori». Lo conferma il caso di Brindisi. Dove il cantiere dell'impianto non solo è bloccato dalla magistratura che indaga sull' ex sindaco «rosso» Giovanni Antonino, ma spacca in due come una mela entrambi gli schieramenti. Nella squadra dei favorevoli si sono infatti via via arruolati i governi di destra e sinistra «romani ».
Di là, tra i contrari, con posizioni più o meno sfumate («ok, ma non lì») si sono messi tutti i «locali». Sia di destra, come il sindaco Domenico Mennitti, sia di sinistra, come il presidente provinciale Michele Errico o il governatore Nichi Vendola. Il caso più sconcertante però, è quello di Agrigento. Dove l'Enel ha cercato di spiegare che il nuovo rigassificatore per 8 miliardi di metri cubi l'anno è progettato in un'area degradata di Porto Empedocle dove oggi sorgono solo capannoni dismessi, che l'attracco con una diga foranea prevista dal 1963 (e mai realizzata) consentirà finalmente l'attracco alle navi da crociera, che i due enormi serbatoi sotterranei sporgeranno solo con due cupole più basse e meno vistose di tutte le ciminiere nei dintorni, che i criteri di sicurezza saranno i più avanzati al mondo e che nulla ma proprio nulla si vedrà dal più alto cucuzzolo agrigentino. Niente da fare: si sono schierati contro non solo la sinistra radicale, che sul manifesto ha strillato di «un mostro da 320 mila metri cubi d'acciaio in una delle aree archeologiche più belle del pianeta ». Ma anche Vittorio Sgarbi («progetto infame») e il sindaco destrorso poi sinistrorso e di nuovo destrorso di Agrigento, Marco Zambuto. Che ha presentato un allarmatissimo ricorso al Tar contro un impianto «così invasivo a ridosso della Valle dei Templi». Alla faccia perfino di un’ambientalista d.o.c. come la presidente del Fai Giulia Maria Crespi. Che dopo aver visto il posto ha scritto d'aver cambiato idea: nessun danno al paesaggio. Anzi: «Se a Porto Empedocle si bocciasse il progetto del rigassificatore sapete cosa si farebbe al suo posto? Niente di niente».

Gian Antonio Stella
10 gennaio 2009


Un paese che dice No a TUTTO è un paese di IGNORANTI..

domenica 11 gennaio 2009

Caserta chi ????...lacrime di WWFdrillo


prendono soldi per la "gestione" delle riserve, le cooperative a loro collegate non sono state mai controllate dall'ispettorato del lavoro, godono della loro posizione di presunta e pompata mediaticamente "credibilita'" facilmente smentibile. a fronte di pagine e pagine di ricerche e studi, loro stilano la loro paginetta offensiva e denigratoria contro il lavoro altrui e chiedono ai proni dirigenti regionali di "seguire" le loro rigide direttive consistenti nel NO a tutto....
in Abruzzo non è mai sorto un comitato contro l'eolico, tutte le azioni di blocco sono venute solo e sempre dalle solite tre-quattro persone riconducibili a detto internazionale "movimento", spesso formidabile trampolino di lancio per "fulgide" carriere politiche e nucleariste. Non si nega mai un posto a chi può rovinarti la tranquillità della carriera in regione mediante un articolo sul giornale o altra tecnica più o meno sputtanengiante. L'eccezione è rappresentata dal Centro oli, impianto che completa l'iter senza che gli occhiuti e ben introdotti "ambientalisti" "dabliu-dabliu-eff" se ne accorgano. Intanto decine, se non centinaia, di migliaia di abruzzesi si appassionano alle vicende del centro oli.: gente normale, popolo vero senza colore e di tutti i colori, un movimento semplice e veramente spontaneo. A quel punto per Caserta e il suo caravaserraglio sembra essere davvero troppo: debbono inseguire, mettere cappello, accreditarsi come gli unici duri e puri, sentendosi anche un pò derubati dalla certo non voluta esposizione mediatica di un gruppo di persone che crede in quello che fa e lo fa bene, costringe la politica abruzzese a fare i conti con la nuova realtà petrolifera della regione, costringe il capo del governo a prendere posizione (se son rose....ma questo è un altro discorso)...
E allora, che inventarsi per tappare le falle del sistema di potere dello pseudoambientalismo abruzzese di professione? Invitare Maria Rita e un attimo dopo tornare sui giornali come i "più fichi del bigoncio".
C'è sempre qualcuno che non ci crede , Dott. Caserta, e finchè avrò tempo e tastiera cercherò di smentire il GRANDE INGANNO dell'ambientalismo abruzzese, ne stia pur certo.....

martedì 30 dicembre 2008

RICATTI E "BOTTEGHE" .....NESSUNO VI RIMPIANGERA'

ORTONA L'Eni ha avviato lo smantellamento del Distretto. Entro gennaio saranno attuati i primi provvedimenti logistici legati al Piano Industriale che prevede la cancellazione della sede direzionale E&P di Ortona. Una ventina tra funzionari e dipendenti del polo di Sant'Elena in questi giorni hanno ricevuto lettere di trasferimento a Ravenna e Val d'Agri e "per il 2009 - annuncia il coordinamento Rsu - è atteso un massiccio ricorso alla mobilità con possibili prepensionamenti e la Cig per le Aziende dell'indotto".
Subito dopo l'Epifania sarà convocata la Consulta del Lavoro, con ogni probabilità alla presenza di rappresentanti della multinazionale dell'rnergia, per analizzare insieme alle organizzazioni di categoria e le parti sociali le conseguenze della crisi sul tessuto locale, anche alla luce di una ricognizione condotta prima di Natale dalla Cisl tra tutte le ditte del comparto. Secondo il sondaggio molte realtà lasceranno la città per seguire l'Eni altrove, con una prospettiva di forte recessione economica per il sistema produttivo, che per il 70% si è consolidato negli ultimi 30 anni attorno al segmento della ricerca e sfruttamento degli idrocarburi. Verrà chiesto un incontro al neo governatore Gianni Chiodi. «La posizione della Regione - accusa il coordinamento Rsu - che ha bloccato le attività di estrazione e produzione in Abruzzo sta causato la fuga delle principali Aziende del settore a cominciare proprio da Eni, che, dopo aver contribuito a creare oltre 3000 posti di lavoro sul territorio, è stata letteralmente cacciata a pedate dai politici legati agli interessi di bottega (????) delle singole comunità locali, che hanno preferito fiancheggiare i comitati ed i movimenti contrari alle attività petrolifere. Nell'ultimo anno si è sviluppato attorno al problema del Centro Oli un teatrale psicodramma collettivo la cui responsabilità ricade principalmente sull'uso distorto delle informazioni e sulla incapacità di governo della classe dirigente», riguardo a una vicenda che invece, secondo le Rsu Eni, «si sarebbe dovuta ricondurre nel merito tecnico» e non farne «motivo di guerra ideologica e tema di campagna elettorale». Pur condividendo le preoccupazioni dei sindacati e dei lavoratori del comparto, non si può tuttavia far passare sotto silenzio una infelice espressione usata nel comunicato: non si posssono definire "interessi di bottega delle singole comunità locali" l'opposizione, ad esempio, delle cantine sociali, degli operatori turistici, di decine di Comuni (compresi Chieti e Pescara), di migliaia e migliaia di cittadini preoccupati del futuro dei loro figli e persino della Chiesa. Non sono interessi "di bottega" così come non lo sono quelli di chi legittimamente difende il proprio lavoro. Si muova la politica, allora, ma senza cedere in alcun modo a scelte che potrebbero far pensare a inaccettabili ricatti.
C. D'I.


DA " IL TEMPO D'ABRUZZO" 30/12/2008