giovedì 29 gennaio 2009

dicono di comabattere il petrolio.....

una "perla" sbugiarda sempre di più l'associazione fondata dal nazista principe consorte d'Olanda:.


Energia eolica, il Wwf contrario al piano energetico regionale
Liguria.
Con il nuovo piano energetico regionale, che prevede l’installazione di 140 nuove pale eoliche, ad avere vantaggi saranno solo le aziende installatrici, mentre i cittadini pagheranno bollette più care. Ad affermarlo è il Wwf, che critica l’inziativa sia sul piano ambientale che su quello economico.
Secondo l’associazione ambientalista, infatti, sarebbero previsti “gli incentivi pubblici più alti d’Europa. Paga il contribuente ed inizia ad incassare la società installatrice, che rivende alle ditte costruttrici, obbligate a comprare i ‘certificati verdi’ per ripulire in percentuale i propri peccati di inquinatore, l’autorizzazione ottenuta”.
Inoltre, sostiene ancora il Wwf, l’elettricità generata dagli impianti eolici verrebbe pagata più del normale: “Oltre al normale prezzo per l’energia è riconosciuta una sovvenzione che va sotto il nome di certificato verde. Tali oneri aggiuntivi vengono ribaltati sul prezzo dell’ elettricità pagato in bolletta: il prezzo finale pagato da ciascun cliente prevede componenti tariffarie a copertura di costi di generazione, cioé costi di produzione e dispacciamento dell’energia elettrica, compresi gli oneri derivanti dall’applicazione della normativa sui certificati verdi”.


ma il vero allarme è questo....

Domenica 1° febbraio 2009 a Lanciano alle ore 16:00 presso il CSV (in Via Ortona, località Olmo di Riccio) si costituirà il Comitato WWF “Zona Frentana e Costa Teatina” che andrà a sostituire la Sezione Provinciale di Chieti.
Durante l’Assemblea Costitutiva si provvederà a leggere lo Statuto del Comitato, raccogliere le adesioni di tutti i soci costitutori ed eleggere il Consiglio di Comitato (costituito da un Presidente e da almeno 3 Consiglieri).
Il nuovo territorio di azione sarà ricompreso all’interno di 22 comuni: Atessa, Casoli, Castelfrentano, Fossacesia, Frisa, Lanciano, Mozzagrogna, Ortona, Paglieta, Pollutri, Rocca San Giovanni, Scerni, San Vito Chietino, Sant’Eusanio del Sangro, Santa Maria Imbaro, Treglio, Tollo, Torino di Sangro, Casalbordino, Villalfonsina, Vasto, San Salvo.
Inoltre, il Comitato avrà per il momento due sedi operative: una a Lanciano ed una a Ortona
(presso i CSV presenti che hanno accettato la domiciliazione dell’Associazione)


Dio ci salvi, non è di questi che abbiamo ora bisogno. Invito le pochissime persone che leggono questo blog a disertare e a boicottare (legalmente) qualsiasi iniziativa come questa. Non capisco a chi possa giovare la costituzione di un nuovo "comitato". L'arcano si scioglierà appena vedremo chi lo presiederà. Serve un "trampolino" per le provinciali, forse...

chiunque abbia a cuore il bene dell'abruzzo e degli abruzzesi deve far di tutto per tenere questa gente alla larga dalle giuste iniziative di protesta contro gli scempi ambientali nella nostra regione e nella provincia di chieti in particolare. Loro portano solo demagogia, qualunquismo d'accatto, opportunismo, superficialità, protestantismo manieristico anni '70, il tutto contornato da un ' inguaribile voglia di palazzo e di potere. So che questa è una battaglia persa, Per ora, ma proprio per questo vale la pena di combatterla...

mercoledì 14 gennaio 2009

le leggi di pecoraio e Jacopo Cascella

«Vento alla pace», un connubio tra energia e arte nel parco delle Apuane
Martini: «Serve coraggio, il cambiamento energetico è tema obbligato»
di Riccardo Mostardini
FIRENZE. Si chiama «Vento alla pace», e punta ad un «contatto tra cielo e terra, così come gli obelischi egiziani furono inventati per prendere energia dal cielo». Con questa opera si vuole «unire due forme di energia, quella comunemente intesa e quella artistica»: con queste dichiarazioni Jacopo Cascella,( origini abruzzesi N.d.E.) artista carrarese, ha presentato oggi a Firenze il suo progetto per installare un parco eolico monumentale in zone contigue di cava all’interno del parco regionale delle Alpi Apuane.Alla presentazione dell’opera, che potremmo considerare un ibrido tra un comune parco eolico e una forma evoluta di land art, sono intervenuti il presidente della regione Toscana Martini, i consiglieri Roggiolani (Verdi) e Magnolfi (Pdl), e il presidente del parco, Nardini. Tutti affermano di guardare con interesse all’iniziativa, a cominciare da Claudio Martini, che si dice «interessato a mettere insieme, o meglio ad alleare, la difesa della natura, lo sviluppo delle rinnovabili e le forme artistiche, tutte esigenze che spesso sono viste in contrapposizione (arte vs energia, parco vs attività umane, ecc.). La Toscana è da sempre un paesaggio umano, e trasformando il paesaggio noi non facciamo quindi niente di nuovo. Serve coraggio, occorre aprire un nuovo fronte culturale, anche riguardo al rapporto tra fotovoltaico e centri storici (ricordiamo che nelle scorse settimane furono proprio i Verdi Toscani a presentare due modelli di “tegole fotovoltaiche”, ndA): e, così come per l’eolico, non possiamo fermarci alla prima difficoltà, perchè il perseguimento del cambiamento energetico è tema obbligato, e non si può scansare». Uno dei modi per superare l’impasse è farlo «attraverso uno sforzo creativo e – perchè no – artistico: in questo modo credo che potremo perseguire il duplice obiettivo di tutelare il paesaggio e di cambiare il sistema energetico e produttivo».«I Verdi» – ha affermato Fabio Roggiolani – «perseguono da anni il progetto arte/energia, finalizzato a risolvere il problema paesaggistico. La legge quadro sui parchi 394/91 ha al suo interno una previsione esplicita della produzione di energia da fonti rinnovabili all’interno dei parchi. Negli anni successivi si è invece affermato un atteggiamento in cui si sono assimilate le energie rinnovabili alla cementificazione del territorio, creando il paradosso dell’incompatibilità delle rinnovabili con le aree protette». E le colpe su questo vanno attribuite in buona sostanza a quella «parte del mondo ecologista» che è caduta negli anni nella «contraddizione estrema di combattere le installazioni di energie rinnovabili, in particolare quelle eoliche, ma anche le fotovoltaiche». Vanno comunque evitati quei casi estremi in cui «il gigantismo di alcuni campi eolici» ha fatto sì che essi siano diventati, «più che un pezzo di paesaggio, l’intero paesaggio».Roggiolani ha anche citato la necessità di «costruire il futuro proprio nelle aree dove fiorisce il passato», come la Toscana dove finora invece l’affermazione delle rinnovabili è stata spesso contrastata da – talvolta eccessivi, come molte volte abbiamo sostenuto su greenreport – scrupoli in direzione della tutela del patrimonio monumentale e paesaggistico. Principio ripreso anche da Alberto Magnolfi, che esorta a «riappropriarsi del concetto per cui “arte” e “bello” sono elementi di conduzione verso il progresso, mentre con la contrapposizione si alimenta una concezione statica, negativa. Anche il ministro dei Beni culturali, Bondi, con cui ho parlato, è favorevole al progetto e darà il necessario supporto: questa può essere un’iniziativa-pilota, peraltro in un paesaggio così particolare come le Apuane». L’obiettivo, secondo Magnolfi, è trovare una via di compromesso tra la «volontà di sperimentare, e la paura per l’impatto dell’eolico», che finora ha costituito freno alla sua diffusione.Il luogo di collocazione dell’opera all’interno dell’area protetta è ancora da definire: sarà probabilmente installata nella zona di nord-ovest, vicino al monte Pisanino, e comunque su fronti montuosi che si affaccino direttamente sul mare, dove il vento è più favorevole. Ovviamente non saranno le parti di maggiore valore naturalistico a ospitare l’opera: il presidente Giuseppe Nardini ha citato «aree contigue di cava» come più probabile luogo di installazione. Questo anche perchè «le Apuane e l’arte sono legate storicamente dal marmo, e questa opera è la naturale prosecuzione dell’attività marmifera. Occorre andare oltre l’arte, e contemporaneamente evolvere il sistema energetico. Il progetto, il cui profilo riprende quello dei picchi circostanti, sarà a completo carico dei privati dal punto di vista economico. Come tempi, ci siamo dati 5 anni per completare l’opera: occorre ancora individuare il sito più adatto (anche per una centrale a cui restituire l’energia prodotta) e organizzare la viabilità».Citiamo inoltre il progetto che il ministro Bondi sta predisponendo per la creazione a Fivizzano (dove a inizio anni ‘90 lo stesso Bondi è stato sindaco nelle liste del Pci) di una “Accademia del paesaggio” dove sarà proprio l’evoluzione futura del territorio (e quindi anche e soprattutto l’inserimento in esso degli impianti per la produzione delle energie rinnovabili) a costituire principale elemento di ricerca. Inoltre, a primavera la delicata questione del connubio tra arte, paesaggio e ambiente sarà discussa in un convegno a Firenze.E in chiusura: gli scrupoli per la tutela del paesaggio (e dell’ambiente, inteso come biodiversità, wilderness, ecc.) hanno un senso sia che si parli di un’autostrada, sia che di un’acciaieria, sia anche di un parco eolico o fotovoltaico. E la Toscana sarebbe tra le prime realtà che avrebbe da perdere da una cattiva gestione della transizione verso un nuovo sistema energetico e produttivo. Ma gli impegni in direzione delle energie rinnovabili sono – come giustamente dice il presidente Martini - «obbligati»: come a dire che sì, occorrono i necessari compromessi, ma il percorso verso un sistema energetico diverso dovrà proseguire comunque, indipendentemente da quali compromessi – buoni o cattivi – andranno individuati.E l’arte (e in particolare, lo ripetiamo, questo tipo di arte, che affonda le sue radici in quella land art che è stata tra i primi punti di incontro tra espressione artistica, paesaggio e ambiente) è probabilmente, oltre che un elemento di arricchimento culturale, anche un ottimo viatico per superare quelle contrapposizioni di cui abbiamo parlato, che hanno costituito in questi ultimi anni un forte freno all’affermazione delle energie rinnovabili sul territorio toscano e non.Occorre naturalmente un approccio sobrio, attento e prudente, per non commettere errori irreparabili su quello che è il principale elemento di attrazione della Toscana, e cioè quell’equilibrio tra sviluppo infrastrutturale, paesaggio e ambiente che più che in altre realtà è riuscito a conservarsi: ma occorre anche – preso atto che viviamo in un paesaggio quasi completamente modificato dall’attività umana – avere il coraggio di intraprendere con più decisione la strada delle rinnovabili, anche affrontando quei casi in cui il problema paesaggistico derivante dalla loro messa in opera sussista davvero, e non sia solo l’eccesso di sindrome Nimby di alcuni residenti o di scrupolo professionale da parte di alcuni addetti ai lavori, come talvolta abbiamo osservato nell’operato di alcune soprintendenze ai beni architettonici o paesaggistici. E, siccome modificare un paesaggio «umano» crea molti meno problemi rispetto ad uno «naturale» (o che come tale è percepito), viene da chiederci: per realizzare un’installazione del genere, quale posto migliore delle Alpi Apuane?

ma che meraviglia, che bella idea, Energia rinnovabile in un parco NAZIONALE, mi viene da pnsare alla "REGIONE DEI PARCHI"...però scusate....e la legge sulle ZPS di Pecoraro??? bah...
come al solito, solo propaganda. SONO SICURO CHE NON SE NE FARA' NIENTE, figuratevi.
Lo scopo è solo andare sui giornali. Come sempre.

martedì 13 gennaio 2009

Parola di Stella, Autore de "LA CASTA"


Stella è un gran simpatico, uno degl' ultimi italiani capaci di indignarsi....



Bocciano i progetti e stiamo al gelo
Il no ai rigassificatori


Quale sia il problema è sotto gli occhi di tutti. Soprattutto in questi giorni di gelo polare e incandescenti polemiche sulla forniture di gas russo. Un problema comune a tutta l'Europa, ma per noi assai più grave. Primo, perché consumiamo tanta energia quanto Turchia, Romania, Polonia e Austria messe insieme. Secondo, perché dopo aver abbandonato il nucleare senza imboccare sul serio le strade alternative (i termo-valorizzatori no perché «sono cancro-valorizzatori», l'eolico no perché le pale sono brutte, il geotermico no perché provoca «disastri ambientali », i pannelli solari no perché «rovinano i panorami dei tetti delle nostre belle città»...) ci ritroviamo a dipendere per l'88%, direttamente o indirettamente, dall'estero. Nessun Paese occidentale dipende dal gas quanto noi: nessuno. Basterebbe un guasto o una capricciosa chiusura «politica» dei rubinetti ai tre gasdotti oggi in funzione per un totale di 81,7 miliardi di metri cubi l'anno e resteremmo al gelo, con le fabbriche bloccate, i trasporti pubblici paralizzati. Unica alternativa: importare da altri Paesi gas stoccato allo stato liquido su grandi navi (quando è così occupa infinitamente meno spazio) per poi riportare il metano allo stato gassoso, appunto, nei rigassificatori. Eppure, nonostante il quadro riassunto, abbiamo un solo impianto, a Panigaglia, nel golfo di La Spezia. Contro i quattro della Corea, i sei della Spagna, i cinque degli Usa, i 24 del Giappone. In compenso, siamo pieni zeppi di progetti per un'altra quindicina. Per uno ormai ci siamo: la piattaforma già citata alla foce del Po. Costruita in Spagna e trascinata mesi fa da enormi chiatte da Algeciras fino alle acque di Porto Tolle, potrà rigassificare in tempi brevi 8 miliardi di metri cubi di gas l'anno: un decimo del fabbisogno italiano.
Che poi, oltre al governatore Giancarlo Galan, si vantino di averlo voluto e finanziato sia i governi di destra sia i governi di sinistra importa poco. Anzi: è un bene che entrambi gli schieramenti rivendichino per una volta la scelta. Dalle altre parti, infatti, le cose vanno diversamente. E ciò che sembra sensato, col consenso dello stesso leader locale dei Verdi Gianfranco Bettin, a venti miglia da piazza San Marco, appare mostruoso e criminale agli ayatollah ecologisti toscani, che si battono da anni contro il «bombolone» di Livorno, approvato da Palazzo Chigi, dalla Regione e dai comuni, come difendessero il Santo Sepolcro dalle orde del feroce Saladino. Sentiamo già le lagne: «I soliti ambientalisti nemici del progresso!». Magari, fosse solo quello il nodo. Non è così. Basti citare la posizione «laica» di Ermete Realacci: «Come diceva Diderot "non basta fare il bene, bisogna anche farlo bene". Ma niente preclusioni: è solo questione di buonsenso». Tanto che Legambiente, in una nota, ha invocato martedì contro il nucleare proprio gli impianti invisi: «Secondo uno studio del Cesi ricerche anche costruendo 4 mega centrali Epr di terza generazione evoluta, da 1600MWciascuna, risparmieremmo appena 9 miliardi di metri cubi di gas all' anno, il contributo di un solo rigassificatore di media taglia». La verità è che, al di là delle legittime pretese di avere garanzie sulla massima sicurezza e delle giuste richieste di conoscere ogni progetto nei dettagli, mai come nel caso dei rigassificatori gioca l'effetto «nimby»: «not in my backyard», non nel mio cortile. Lo dimostra il caso spezzino, dove la decisione di raddoppiare la potenzialità dell'impianto di Panigaglia (nonostante l'impegno preso anni fa di sgombrare l'area per restituirla al turismo entro il 2013) vede fratture e mal di pancia non solo dentro la sinistra che governa il comune e la Regione, ma anche dentro la destra, nonostante il ligure Claudio Scajola, parlando in generale e non del Golfo dei Poeti, sia stato netto: «In attesa del nucleare si procederà speditamente coi rigassificatori». Lo conferma il caso di Brindisi. Dove il cantiere dell'impianto non solo è bloccato dalla magistratura che indaga sull' ex sindaco «rosso» Giovanni Antonino, ma spacca in due come una mela entrambi gli schieramenti. Nella squadra dei favorevoli si sono infatti via via arruolati i governi di destra e sinistra «romani ».
Di là, tra i contrari, con posizioni più o meno sfumate («ok, ma non lì») si sono messi tutti i «locali». Sia di destra, come il sindaco Domenico Mennitti, sia di sinistra, come il presidente provinciale Michele Errico o il governatore Nichi Vendola. Il caso più sconcertante però, è quello di Agrigento. Dove l'Enel ha cercato di spiegare che il nuovo rigassificatore per 8 miliardi di metri cubi l'anno è progettato in un'area degradata di Porto Empedocle dove oggi sorgono solo capannoni dismessi, che l'attracco con una diga foranea prevista dal 1963 (e mai realizzata) consentirà finalmente l'attracco alle navi da crociera, che i due enormi serbatoi sotterranei sporgeranno solo con due cupole più basse e meno vistose di tutte le ciminiere nei dintorni, che i criteri di sicurezza saranno i più avanzati al mondo e che nulla ma proprio nulla si vedrà dal più alto cucuzzolo agrigentino. Niente da fare: si sono schierati contro non solo la sinistra radicale, che sul manifesto ha strillato di «un mostro da 320 mila metri cubi d'acciaio in una delle aree archeologiche più belle del pianeta ». Ma anche Vittorio Sgarbi («progetto infame») e il sindaco destrorso poi sinistrorso e di nuovo destrorso di Agrigento, Marco Zambuto. Che ha presentato un allarmatissimo ricorso al Tar contro un impianto «così invasivo a ridosso della Valle dei Templi». Alla faccia perfino di un’ambientalista d.o.c. come la presidente del Fai Giulia Maria Crespi. Che dopo aver visto il posto ha scritto d'aver cambiato idea: nessun danno al paesaggio. Anzi: «Se a Porto Empedocle si bocciasse il progetto del rigassificatore sapete cosa si farebbe al suo posto? Niente di niente».

Gian Antonio Stella
10 gennaio 2009


Un paese che dice No a TUTTO è un paese di IGNORANTI..

domenica 11 gennaio 2009

Caserta chi ????...lacrime di WWFdrillo


prendono soldi per la "gestione" delle riserve, le cooperative a loro collegate non sono state mai controllate dall'ispettorato del lavoro, godono della loro posizione di presunta e pompata mediaticamente "credibilita'" facilmente smentibile. a fronte di pagine e pagine di ricerche e studi, loro stilano la loro paginetta offensiva e denigratoria contro il lavoro altrui e chiedono ai proni dirigenti regionali di "seguire" le loro rigide direttive consistenti nel NO a tutto....
in Abruzzo non è mai sorto un comitato contro l'eolico, tutte le azioni di blocco sono venute solo e sempre dalle solite tre-quattro persone riconducibili a detto internazionale "movimento", spesso formidabile trampolino di lancio per "fulgide" carriere politiche e nucleariste. Non si nega mai un posto a chi può rovinarti la tranquillità della carriera in regione mediante un articolo sul giornale o altra tecnica più o meno sputtanengiante. L'eccezione è rappresentata dal Centro oli, impianto che completa l'iter senza che gli occhiuti e ben introdotti "ambientalisti" "dabliu-dabliu-eff" se ne accorgano. Intanto decine, se non centinaia, di migliaia di abruzzesi si appassionano alle vicende del centro oli.: gente normale, popolo vero senza colore e di tutti i colori, un movimento semplice e veramente spontaneo. A quel punto per Caserta e il suo caravaserraglio sembra essere davvero troppo: debbono inseguire, mettere cappello, accreditarsi come gli unici duri e puri, sentendosi anche un pò derubati dalla certo non voluta esposizione mediatica di un gruppo di persone che crede in quello che fa e lo fa bene, costringe la politica abruzzese a fare i conti con la nuova realtà petrolifera della regione, costringe il capo del governo a prendere posizione (se son rose....ma questo è un altro discorso)...
E allora, che inventarsi per tappare le falle del sistema di potere dello pseudoambientalismo abruzzese di professione? Invitare Maria Rita e un attimo dopo tornare sui giornali come i "più fichi del bigoncio".
C'è sempre qualcuno che non ci crede , Dott. Caserta, e finchè avrò tempo e tastiera cercherò di smentire il GRANDE INGANNO dell'ambientalismo abruzzese, ne stia pur certo.....