domenica 30 novembre 2008

Se lo dice il Corriere....

«buoni» Germania (-18,2%), Gran Bretagna (-15,1%) e Francia (-3,5%)
Gas serra, emissioni in aumento
Inventario dell'Onu in 40 Paesi industrializzati. L'Italia è tra i «cattivi»: più 9,9% in sette anni
Il pianeta si tinge di nero, di nero-carbonio. Per assonanza si potrebbe pensare al carbone da ardere, invece in questo caso è l'atomo di carbonio, quello che accoppiandosi con l'ossigeno forma la soffocante anidride carbonica (CO2), il gas dell'effetto serra. Quasi tutti i Paesi del mondo, industrializzati e non, stanno bruciando combustibili fossili e pompando atomi di carbonio nell'atmosfera come mai prima d'ora, ignorando gli impegni solenni di riduzione delle emissioni sbandierati dal Protocollo di Kyoto. La «decarbonizzazione » dell'economia — che in parole povere vuol dire svilupparsi e produrre riducendo le emissioni di carbonio — sembra un inafferrabile miraggio.

POZNAN - Alla vigilia della conferenza mondiale sui cambiamenti climatici, che quest'anno si tiene a Poznan, in Polonia, da domani al 12 dicembre, le Nazioni Unite hanno distribuito la versione aggiornata di un rapporto, stavolta leggero, appena 30 pagine, che contiene l'inventario delle emissioni di gas serra relative ai 40 Paesi più industrializzati. Paesi che nel 1992 aderirono con entusiasmo alla Convenzione quadro sui cambiamenti climatici, con l'obiettivo di limitare i gas serra, ma che poi hanno, per la maggior parte, disatteso lo strumento operativo della Convenzione, il discusso Protocollo di Kyoto, non rispettando i tagli programmati. L'inventario compilato dall'Onu parte dal 1990, anno scelto come base, nella speranza che prima o poi le emissioni di gas serra possano essere ricondotte sotto quei livelli, cioè entro margini di sicurezza per la salute dell'atmosfera, e arriva al 2006, l'ultimo di cui si hanno dati certi. Come al solito, ci sono tanti modi di leggere cifre e tabelle. Chi vuole barare può limitarsi a dire che i gas della febbre planetaria (fra cui la Co2 è il principale) sono passati da 18,9 miliardi di tonnellate nel 1990 a 18 miliardi nel 2006, con una riduzione del 4,7% in 16 anni. Performance in apparenza eccellente. Un'analisi appena più approfondita, come quella contenuta nelle pagine del rapporto, precisa che nel periodo 1990-2000, la riduzione dei gas serra ha toccato addirittura il 6,9%, ma non per la virtù di qualcuno, bensì per disgrazia. Non per effetto di qualche sorprendente ritrovato tecnologico capace di rendere meno famelici i sistemi industriali dei Paesi sviluppati, ma per il crollo economico della Russia e dei Paesi ex sovietici, che ha cancellato interi apparati produttivi e energetici, con le relative emissioni di gas serra, in quel caso particolarmente nere di carbonio e di carbone. Passando, invece, al più recente periodo 2000-2006, il carico dei gas serra è balzato da 17,6 miliardi di tonnellate nel 2000 a 18 nel 2006, con un aumento del 2,3%, e tutto ciò a dispetto dei meccanismi di riduzione introdotti nel frattempo dal Protocollo di Kyoto. Il documento dell'Onu mette poi a confronto le variazioni percentuali delle emissioni dei singoli Paesi industrializzati nel periodo 1990-2006, partendo da coloro che più le aumentano e finendo con quelli che più le riducono. Insomma, carbonizzatori in testa e decarbonizzatori in coda.

CHI INQUINA DI PIÙ- E così scopriamo che, ai primissimi posti, c'è uno strano miscuglio di Paesi benestanti e relativamente più poveri, accomunati dal fatto che si sviluppano contravvenendo clamorosamente agli obblighi di riduzione di Kyoto: Turchia (+95,1%), Spagna (+50,6%), Portogallo (+40%), Australia (+28,8). La nostra Italia (+9,9%) si trova al quattordicesimo posto, nella zona nera, preceduta da Stati uniti (+14,4%) e Finlandia (+13,2%) e seguita da Norvegia (+7,7%) e Giappone (+5,3%). Nella zona bianca brillano Germania (-18,2%), Regno Unito (-15,1%) e Francia (-3,5%) che, fra i grandi Paesi industrializzati, ottengono le migliori performance. E' grazie a loro se la Comunità Europea in toto si guadagna il primato di continente decarbonizzatore. In fondo alla classifica, ci sono i forzati della decarbonizzazione per collasso economico: Russia e Paesi dell'Est, con percentuali di riduzione fra il -30 e il -56%. Il rapporto Onu non ne parla perché si limita ai Paesi sviluppati, ma se si prendono in considerazione anche quelli in via di rapido sviluppo come la Cina, che quest'anno, per ammissione di fonti governative, ha raggiunto gli Usa quanto a emissioni di gas serra (oltre 7 miliardi di tonnellate l'anno), allora si può aggiungere che il pianeta è stretto nella morsa di carbonio delle tre grandi aree continentali americana, europea e cinese e non potrà liberarsene se non con il pieno accordo fra i grandi inquinatori. Al tavolo della conferenza di Poznan, il rapporto Onu dovrebbe costituire la cattiva coscienza dell'Occidente industrializzato, indurre i Paesi firmatari del Protocollo di Kyoto a comportamenti più coerenti; quelli in fuga dal Protocollo, Stati Uniti in testa ma ora anche Italia, a rientrare nei ranghi; quelli in via di sviluppo ad aderire mettendo ormai da parte l'alibi delle responsabilità storiche dell'Occidente. Ma il documento lascia qualcuno perplesso e proprio il negoziatore italiano per eccellenza, il direttore generale del ministero dell'Ambiente Corrado Clini, che fin dagli anni '90 segue le trattative climatiche, contesta l'interpretazione letterale dei dati Onu. «Le emissioni — dice — non vanno lette in valore assoluto, ma rapportandole al prodotto interno lordo, ricavando cioè un indicatore dell'efficienza energetica di un Paese. In altri termini chi, come l'Italia, ha un Pil relativamente alto con emissioni relativamente basse, allora possiede una buona efficienza energetica e ha sviluppato un'economia a basso tenore di carbonio. In questo senso il nostro Paese sta sopra la media europea e supera anche Germania e Regno Unito». Il professor Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf, preferisce invece attenersi alla concretezza dei dati: «L'aumento percentuale delle emissioni dell'Italia, aggiornato a oggi, è ancora peggiore: +12%. E va confrontato con il -6,5% dell'impegno di riduzione assunto a Kyoto. Sarebbe ora di rimboccarsi le maniche e avviarsi verso quell'economia a basso tenore di carbonio che altri Paesi energivori come Germania, Regno Unito e Francia stanno compiendo e che è sicuramente possibile da noi, anche e soprattutto in tempi di crisi economica. Alla luce delle recenti dichiarazioni di Obama pro Kyoto, sarebbe un grave errore, per l'Italia, tornare indietro».

Franco Foresta Martin
30 novembre 2008

mercoledì 26 novembre 2008

Can you say NO to that????

http://www.youtube.com/watch?v=8hp4mkTlMsA

martedì 25 novembre 2008

tra caporale e rifkin...

"...Avete il Sole! Siete una penisola, avete il vento tutto il tempo, avete il
mare che vi circonda, avete ricche zone geotermiche in Toscana, biomasse da
Bolzano in su nel nord Italia, avete la neve, per l'idroelettrico, dalle
Alpi. Voi avete molta più energia di quella che vi serve, in energie
rinnovabili! Non la state usandoŠio non capisco. L'Italia potrebbe. Credo
che, umilmente, quel che posso dire al governo italiano è: a che gioco
volete giocare? Se il vostro piano è restare nelle vecchie energie,
l'Italia non sarà competitiva e non potrà godere dell'effetto
moltiplicatore sull'economia della terza rivoluzione industriale per
muoversi nella nuova rivoluzione economica e si troverà a correre dietro a
molti altri Paesi col passare del XXI secolo. Se invece l'Italia deciderà
che è il momento di iniziare a muoversi verso la terza rivoluzione
industriale, le opportunità per l'Italia e i suoi abitanti saranno enormi...."


tra caporale, caramanico, la morgia, costantini, ecc.. e RIFKIN....questo il dilemma!!!

martedì 18 novembre 2008

tra obama e kennedy, totò e peppino, uomini e caporali, Tra la Frentania e il West....PER UN ABRUZZO SENZA CAPORALI!!!

Barack Obama is the candidate of change. How do I know? Because he says so, right? Who would question anything that Barack says. While viewing a recent Obama speech, I saw “CHANGE” in large letters on the front of the podium as well as in three places positioned like the points of the fleur de lys on a screen behind him, presumably symbolic of the heir apparent to the presidency … simply waiting for the coronation.
Obama says he is going to make the United States energy independent by pursuing wind and solar energy. How is he going to do this and bring about change while hanging his star on the likes of Ted Kennedy who is the epitome of back room politics, special interests and, probably worst of all, unbridled self interest.
Ted Kennedy has been the one person who has blocked the development of a wind farm in Nantucket Sound … so he won’t have to view it from his Cape Cod home, reiterating that well worn environmentalist cliche, to preserve a pristine area in our country. If I hear one more politician, including John McCain use that phrase, I’m going to puke. Ted Kennedy wasn’t concerned about anything pristine or environmental or even sanitary when he order his boat crew to pump out the bilge of his sailboat in Nantucket Sound … just one more fat, fat cat politician who will do whatever he can get away with such as running his car into the marshes and destroying natural habitat, not to mention killing people.Unfortunately, even brain surgery can’t apparently provide Senator Kennedy the epiphany that quite possibly function is beauty. What can be more pristine or beautiful than a wind farm, preferrably the first of many in the Cape Cod area, which can make this country less dependent on fossil fuels and foreign oil.Wind will power our futureEnergy experts are predicting that as much as 20% of the U.S. energy requirements can be met by wind power by 2030. Because of powerful individuals like Senator Kennedy I was careful to use the word, “can”, in the previous sentence.Upon reviewing a wind resource map of the contiguous United States, it becomes very apparent that there are only three primary areas in the eastern United States that are most suitable for the most cost effective, efficient and reliable energy production. They include a very narrow stip of mountain ridges in New Hampshire and Maine, A very short strip of mountain ridges in the extreme western part of Northe Carolina in the Great Smoky Mountains … and the Cape Cod area. Of these, the Cape Cod area has the most reliable sustained winds with the greatest average wind speeds.



Dichiarazione di Walter Caporale, Capogruppo regionale dei VERDI:
“Ho scritto all’Assessore regionale all’Ambiente, Franco Caramanico, affinché intervenga per evitare che l’Abruzzo sia devastato da un impianto di 26 pale, alte 90 metri, visibili a 40-50 km di distanza, sul crinale di Serralunga (L’Aquila) dove saranno realizzati scassi, strade, elettrodotti, cabine di trasformazione. Si tratta di un’area di eccezionale valore paesaggistico ed ambientale, riconosciuta da specifici ed accurati studi scientifici condotti soprattutto dal Corpo Forestale dello Stato e finanziati dall’Unione Europea. Il tutto in pieno habitat dell’orso marsicano, la cui tutela è richiesta e finanziata dall’Unione
Europea. Rischiamo una procedura d’infrazione da parte dell’Unione Europea con nuove tasse a danno degli abruzzesi. Si sta quindi per distruggere una delle zone più integre e di maggior valore ambientale di tutta Italia. Purtroppo il Comitato VIA regionale, ha autorizzato la realizzazione dell’impianto, ignorando tra l’altro i
pareri negativi del Parco Nazionale d’Abruzzo (PNALM), del Ministero dell’Ambiente, della Direzione del Corpo Forestale dello Stato. Ho rivolto dunque all’Assessore Caramanico un appello affinché rivaluti e prenda in considerazione il
Protocollo d’Intesa per la redazione del PATOM “Piano d’Azione Tutela Orso Marsicano”, sottoscritto dal Ministero dell’Ambiente, dalle Università, dalle Province interessate, dalle Regioni interessate di cui l’Abruzzo è CAPOFILA in quanto è più interessato alla tutela dell’orso marsicano. I Verdi non sono contrari all'eolico, (EHHHHHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!!!)tuttavia, visto l'evidente e non mitigabile impatto che le centrali
eoliche che si vanno realizzando (ben diverso è il caso del mini-eolico) esercita su paesaggio, ambiente e fauna, è indispensabile ed urgente che la Regione Abruzzo approvi una MORATORIA alla realizzazione delle centrali eoliche.
E' necessario un Piano Energetico Regionale che individui le aree in cui si può realizzare l'eolico, oppure le aree da cui escluderlo (Siti di Interesse Comunitario, Parchi, Riserve, Siti Archeologici…), oppure fissi dei criteri così da salvaguardare le aree di rilevante interesse ambientale e paesistico”.
L’Aquila, 13 novembre 2006



QUESTO
è il luogocomunismo già (per fortuna ) al potere in abruzzo. Nello stesso periodo gli passava sotto il naso l'approvazione del centro oli da parte del LORO comitato VIA. questo "signore" è di nuovo candidato ...il suo slogan? "per un abruzzo senza centro oli" .....
non sarebbe meglio un ABRUZZO SENZA CAPORALI??????????? Non sta L'Italia sta già facendo a meno più che degnamente di Alfonso "sciagura" Pecoraio Scarso, a capo di cotanti "ambientalisti"??? Degna "compagna" di cotanto genio e per giunta concittadina è la lettrice del TG3 antiidroelettrica....nei prossimi giorni aprirò un gruppo su facebook contro la rielezione di questi soggetti, vi invito ad aderire: fatemi sentire per una volta orgoglioso di essere abruzzese...

venerdì 14 novembre 2008

GAME OVER..QUANDO LE CHIACCHIERE STANNO A ZERO


Ormai il dibattito sulle elezioni regionali è entrato nel vivo. E giunge la lettera del mite Chiodi a fare definitiva chiarezza sul suo No al Centro Petrolio. il popolo liberale abruzzese può stare tranquillo, avremo un grande presidente, un esempio di moderazione e saggezza, non un burattino nelle mani sconce del mangiafuoco di Arcore, come vogliono farci credere i soliti demagoghi, cultori indomiti di una cultura politica aberrante e trapassata come quella comunista. Saremo pur provincia dell Impero, ma gli abruzzesi sono sempre stati sottovalutati da questi radical-chic e puntualmente ogni volta che la sinistra ha sgovernato abbiamo fatto il nostro bel passo indietro. Chiedere a questi parassiti di provare vergogna sarebbe il minimo, ma siamo certi che nella loro superficialità, in quelche angolo del loro cervelletto ci sarà pure un barlume di incertezza sulla loro effettiva capacità di guidare la nostra regione. Come si fa a parlare di “rinnovamento della politica” di “persone con le mani pulite” se poi si candidano gente come Paolini, che delle due l’una : o c’era e ha condiviso o non c’era ed è colpevole di non avere vigilato. Come si fa a parlare di rinnovamento se poi si candida il luogotenente Del Turco , tale Pisegna Orlando da Collelongo. Forse perché le colpe dei cavalieri non ricadono sugli scudieri? Questa sera m’è toccato sentire l’ennesima castroneria di una miracolata della politaca, tale Diana Peschi (IDV lista chieti, sindaco di Civitaluparella) parlare di “assalto selvaggio delle multinazionali dell’energia da fonti rinnovabili al nostro territorio”. Non una parola sul Centro Oli. Poi, guarda caso, questa strenua combattente contro i mulini a vento, a cui il suo territorio è molto caro e non lo vuole deturpato da queste brutte (a vedersi ) macchine è lo stesso soggetto che quando governa ottiene tali “lusinghieri” risultati. Leggete di seguito:

“secondo l’indagine di Legambiente e Dipartimento di Protezione Civile “nel 2007 il numero dei roghi è quasi raddoppiato rispetto al 2006. Migliorata l’attenzione dei Comuni più colpiti dalle fiamme con uno su due che realizza il catasto delle aree percorse dal fuoco. Lo studio di Ecosistema incendi 2008 ha evidenziato inoltre che in base allo stato di attuazione della legge 353/2000 è scarsa l’informazione alla popolazione e la prevenzione. Si annovera a livello nazionale una situazione che vede 15 Comuni meritare la bandiera “Bosco sicuro”; “a fronte dei 15 comuni suindicati il rapporto evidenzia anche i Comuni “bocciati” quelli cioè che, pur subendo gravemente il fenomeno degli incendi, non ha messo in pratica nessuna strategia di lotta. A livello nazionale i tre comuni più inadempienti sono risultati Civitaluparella in provincia di Chieti, Fagnano Castello in provincia di Cosenza e Ingoia in provincia di Torino”.

Non c’è limite al cialtronismo di certa gente. Costantini ce li spaccia come “società civile” …Veramente qualcuno può credere che gli abruzzesi abbiano bisogno di gente di questo tipo per governarli?
Un altro motivo per stare con Gianni Chiodi……

martedì 11 novembre 2008

"io guardo le persone e non ci trovo niente di attraente..."

"io guardo le persone e non ci trovo niente di attraente..."

giovedì 6 novembre 2008

MENO MALE CHE C'E' CLAUDIO...

fusse che fusse la vorta bbona!!!!


ASSOCIAZIONE NAZIONALE ENERGIA DEL VENTO
EOLICA MEDITERRANEAN EXPO 2008
“AZIONI DI SOSTEGNO PER IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI DI SVILUPPO DELLE FONTI RINNOVABILI”
(Roma, 1° ottobre 2008)

MESSAGGIO DEL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
ON. CLAUDIO SCAJOLA

Grazie dottor Togni.
Signore e signori, amici imprenditori,
sono lieto di partecipare oggi a questo convegno, che offre una preziosa opportunità di riflessione sulle prospettive del settore energetico nazionale e sul ruolo essenziale che le fonti rinnovabili possono svolgere per uno sviluppo sostenibile sotto il profilo ambientale ed economico. Le sfide del cambiamento climatico globale, l’impetuosa crescita della domanda di materie prime energetiche, la volatilità delle quotazioni del greggio, i cui recenti picchi hanno messo a dura prova le nostre economie, hanno imposto ovunque un ripensamento delle tradizionali Strategie ed il loro adeguamento alle mutate esigenze.
Questa necessità assume per l’Italia carattere di particolare urgenza. L’incoerente politica energetica del passato, costellata di mancate decisioni e clamorosi errori, ha lasciato una pesante eredità. Dipendiamo dall’estero per ben l’85% del nostro fabbisogno (il 35% in più della media europea), le importazioni energetiche pesano per 60 miliardi di euro sulla bilancia commerciale e la nostra bolletta elettrica è più cara del 30% rispetto ai principali Paesi europei. Le previsioni di qualificati istituti indicano che, in assenza di correttivi, la situazione è destinata a diventare ancora più critica: se la maggior parte del crescente fabbisogno nazionale continuerà ad essere soddisfatta, come accade oggi, dai combustibili fossili, nel 2020 la nostra dipendenza dall’estero supererà il 90%. Le cause di questa preoccupante situazione sono molteplici. Il Paese ha puntato su un numero troppo ristretto di fonti di energia, per giunta concentrate largamente in aree geografiche ad elevato rischio di instabilità. Con il referendum del 1987, abbiamo rinunciato al nucleare, l’unica fonte in grado di assicurare energia su vasta scala, a costi competitivi e senza emissioni di gas ad effetto serra. rispetto ai più diretti concorrenti europei, l’Italia risulta, inoltre, penalizzata da arretratezze infrastrutturali, insufficienti investimenti in ricerca, squilibri nel mix energetico. Il nostro mix elettrico è costituito da un uso eccessivo di gas e petrolio (oltre il 60%), un modesto impiego di carbone (circa il 14%) e un apporto delle fonti rinnovabili ancora insufficiente: nel 2007, nonostante la crescita in termini di potenza installata, la produzione è, infatti, rimasta tendenzialmente stabile, attestandosi su un livello di 50 teraWatt/ora annui. La produzione rinnovabile stenta, quindi, a decollare ed anzi nell’ultimo anno l’apporto di queste fonti alla produzione totale è addirittura calato. Gli incrementi di produzione forniti da geotermico, eolico, solare e biomasse non hanno, infatti, compensato la forte contrazione della produzione idroelettrica (-11,3%) con la conseguenza che nel 2007 il rapporto tra produzione da fonti rinnovabili e produzione totale è sceso al 15,7%, registrando il minimo storico degli ultimi 15 anni! Si consolida così il divario rispetto a molti Paesi del Nord Europa. Si è giunti al paradosso che Germania e Olanda producono molta più energia fotovoltaica di quanta ne produce il nostro Paese, che pure può contare su più favorevoli condizioni climatiche. Anche la produzione di energia eolica ci vede in ritardo: l’Italia, con i suoi circa 2.700 MegaWatt, si colloca ben lontana da Germania (22.200 MW), Stati Uniti (16.800 MW), Spagna (15.100 MW), India (8.000 MW), Cina (6.000 MW) e Danimarca (3.100 MW). Ancora meno confortante è il paragone con gli altri Paesi se si considera la quota di domanda elettrica coperta dall’eolico: nel 2007 l’Italia ha registrato un modesto 1,7%, a fronte del 21% della Danimarca, del 12% della Spagna, del 9% del Portogallo e del 7% della Germania. Intendiamo porre fine a questa inaccettabile situazione e, a questo scopo, abbiamo messo a punto un articolato pacchetto di misure, con la prospettiva di innalzare la quota di produzione elettrica da fonti rinnovabili dall’attuale 16-17% fino al 25%, in linea con gli obiettivi fissati a livello europeo. Il riequilibrio del mix di generazione elettrica sarà completato dal 50% di combustibili fossili e dal 25% di nucleare, senza il cui apporto nessuna strategia di riduzione della dipendenza dall’estero e della vulnerabilità del nostro sistema energetico può ritenersi credibile.
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Cari amici,
l’obiettivo di incrementare la quota di generazione da fonti rinnovabili deve essere perseguito selezionando con la massima cura i progetti incentivabili, concentrando le risorse sulle iniziative migliori, in grado di assicurare produzioni maggiori e costanti nel tempo. Solo attraverso una attenta analisi dell’effettivo potenziale di ogni fonte è possibile evitare il rischio che vengano finanziate iniziative puramente speculative e prive di prospettive concrete. Proprio nel settore eolico, al quale è dedicata questa manifestazione, non sempre gli ingenti investimenti effettuati hanno assicurato i risultati attesi. Non possiamo più permetterci questo lusso. Al contrario, dobbiamo puntare a valorizzare a pieno le rilevanti potenzialità che l’eolico ancora presenta nel nostro Paese. Secondo le stime effettuate dal Ministero dello sviluppo economico e dall’ENEA, vi sono ancora 12.000 MW di potenza da installare, con una produzione potenziale di 23 TeraWatt/ora.
E le stime potrebbero essere ancora più elevate, proprio come indicato nello studio presentato da ANEV, se si considerano le prospettive di sviluppo degli impianti offshore, soprattutto nel Mezzogiorno. Sfruttare queste risorse vuol dire disporre di maggiore energia, ridurre le importazioni e le emissioni di gas serra. Ma la valorizzazione del settore eolico può avere positivi effetti anche sul piano occupazionale. Si calcola che, grazie alla realizzazione dei campi eolici si siano creati 35.000 nuovi posti di lavoro in Spagna, 80.000 in Germania, 22.000 in Danimarca, mentre in Italia, tra occupazione diretta e indiretta i lavoratori impiegati sarebbero già alcune migliaia.
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Caro Presidente,
l’azione del Governo a sostegno del settore eolico e delle altre fonti rinnovabili si concentra principalmente su tre linee di intervento: adeguamento delle normative, semplificazione, innovazione. Stiamo procedendo alla definizione di un nuovo quadro normativo, certo e condiviso. Abbiamo già predisposto e presentato agli operatori una prima bozza di decreto di riassetto degli incentivi, che contiamo di perfezionare nelle prossime settimane. È necessario anche un maggiore coordinamento delle diverse norme che si sono susseguite in questi ultimi anni, la cui frammentarietà è spesso fonte di confusione e disorientamento. Il nostro auspicio è di poter giungere all’adozione di un Testo unico, che potrà essere predisposto solo dopo che la normativa nazionale e comunitaria si sarà stabilizzata, anche per effetto del recepimento del pacchetto europeo su clima e energia. Per attuare questi interventi di razionalizzazione normativa, contiamo sul Vostro contribuito di riflessione e proposta, che potranno trovare nell’Osservatorio nazionale delle fonti rinnovabili la sede più appropriata di approfondimento.
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Cari imprenditori,
l’eccesso di burocrazia, la lentezza e la macchinosità delle procedure di autorizzazione e di collegamento degli impianti alla rete elettrica si traducono sostanzialmente in maggiori costi che, a loro volta, si riflettono anche sugli incentivi: tanto maggiori sono le complicazioni burocratiche, tanto minore è la “bancabilità” dei progetti e tanto più elevato è il livello di incentivazione necessario. Intendiamo porre fine a questo circolo vizioso, avviando un deciso intervento di semplificazione delle procedure, da definire d’intesa con le Regioni. A questo scopo, le attese linee guida per il procedimento di autorizzazione degli impianti, previste dal decreto legislativo n. 387 del 2003, potrebbero fornire un utile contributo di chiarimento. Ma stiamo pensando anche a soluzioni alternative e, nella stessa prospettiva di semplificazione e armonizzazione delle procedure, abbiamo presentato alla Camera un emendamento che favorisce un maggiore coordinamento tra Stato, Regioni ed enti locali nella definizione del regime autorizzativo degli impianti. Con analoghe misure di semplificazione, stiamo creando le condizioni per una decisa accelerazione degli investimenti nelle reti di interconnessione elettrica, che consentiranno di assorbire la produzione “intermittente” degli impianti eolici senza causare problemi di continuità nella fornitura.
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Gli interventi normativi non sono però, da soli, sufficienti a garantire lo sviluppo dell’eolico: occorre anche che l’Italia acquisisca le necessarie competenze tecnologiche, dotandosi di una filiera industriale in grado di sostenere la crescita del settore. I nostri strumenti per incentivare l’innovazione tecnologica ed il programma europeo per le fonti rinnovabili, già si muovono in questa direzione. Il piano nazionale di promozione di progetti innovativi consentirà di riacquistare margini di competitività sul piano tecnologico nel settore delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica, riducendo la posizione di “dipendenza tecnologica” che attualmente penalizza le nostre imprese. Inoltre, il Piano interregionale sulle energie rinnovabili mette a disposizione risorse per oltre 2 miliardi di euro fino al 2015, destinate alle regioni del Mezzogiorno, particolarmente ricche di fonti primarie rinnovabili. Nell’erogazione di queste risorse applicheremo criteri rigorosi, in grado di selezionare i progetti con le migliori prospettive di sviluppo. Dobbiamo puntare su livelli di eccellenza, su iniziative che siano sostenibili sul piano finanziario, compatibili con l’ambiente e tecnologicamente all’avanguardia. Solo così potremo recuperare i ritardi accumulati nel passato, sostenere le fonti rinnovabili, valorizzare l’enorme potenziale dell’eolico e contribuire in modo concreto al riequilibrio del nostro mix energetico, con vantaggi significativi per le imprese, le famiglie e la competitività dell’intero Paese.

CONSENSO SPAZZATURA...NO VOTO! L'ULTIMA FRONTIERA DEGL'UOMINI LIBERI ....

NON LASCIAMOCI PRENDERE PER I FONDELLI! debbono solo andare a lavorare, capire una volta per tutte "quanto sa di sale lo pane altrui" e "come duro calle lo scender e salir l'altrui scale", citando il padre della lingua italiana...
andranno lì a prendersi le loro comode indennità, piazzeranno incapacissimi amici in comitati, commissioni e consigli d'amministrazione, grideranno che è tutta colpa di Del Turco ma intanto candidano pisegna...roba da ridere, se non ci fosse da piangere lacrime grosse come un iceberg.

velo pietoso su un senatore della repubblica che non sà raccogliere le firme. Ma dove li trovano questi soggetti? e ha fatto pure il sindaco a Celano...
e così avremo di nuovo Acerbo, Caramanico, La Morgia, Caporale...


NO FANNULLONI=NO VOTO=NO CENTRO OLI.